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Ayurveda Italiana, Intervista ad Anna Camatti su Scienza e Conoscenza

26/09/2018

Integrare la millenaria scienza indiana e la tradizione occidentale non è un miraggio, ma un principio fondante dell’Ayurveda

Intervista ad Anna Camatti a cura di Marianna Gualazzi

Lo scorso anno abbiamo pubblicato un editoriale in cui «Scienza e Conoscenza» si dichiarava pioniera dell’informazione scientifica
e medica indipendente in Italia. In quel contesto invitavamo le realtà che condividevano la nostra vision, e che si sentivano anch’esse pioniere, a contattarci. Tra le prime mail che sono arrivate in redazione c’è stata quella di Anna Camatti titolare di Virya® Ayurveda Italiana, un’azienda straordinaria che ha avuto il merito di diffondere nel nostro Paese la cultura e la tradizione del sistema di conoscenza tradizionale indiano. L’abbiamo incontrata per farci raccontare il mondo dell’Ayurveda e le sue straordinarie potenzialità diagnostiche e terapeutiche.

spezie viryaPer quale motivo si è sentita chiamata in causa dal nostro appello?
Per più motivi. Nel vostro editoriale mettevate in risalto la difficoltà di dare voce alla ricerca e alla scienza indipendente; l’essere pionieri; la chiusura e l’arroganza del mondo scientifico e accademico verso scienze diverse rispetto a quella ufficiale. Tutti questi aspetti li ho vissuti sulla mia pelle.
Ho iniziato a studiare l’Ayurveda a partire dalla fine degli anni Ottanta. L’Ayurveda è l’antica, millenaria scienza indiana o, come preferisco dire, la Conoscenza profonda della Vita, Vita osservata in tutti i suoi aspetti. Dallo studio teorico dell’Ayurveda sono poi passata alla pratica e dal 1994 formulo, insieme al dottor Guido Sartori, medico-farmacologo ayurvedico, preparati ayurvedici. L’innovazione e l’essere pionieri consiste nel fatto che noi usiamo piante italiane e del mediterraneo anziché indiane seguendo i dettami di Caraka, fondatore dell’Ayurveda scritta, che auspica l’uso delle piante e degli alimenti autoctoni. Infatti, noi italiani abitiamo in un clima temperato e noi stessi, come gli alimenti e le piante risentiamo dell’azione climatica. Nelle varie generazioni, abbiamo adottato accorgimenti per reggere meglio, ad esempio, l’escursione termica tra l’inverno e l’estate. Noi, così come le piante della nostra fascia climatica, presentiamo un tasso lipidico maggiore rispetto alle popolazioni e alle piante che vivono in un clima tropicale, come è quello dell’India, caratterizzato da un’escursione termica tra l’inverno e l’estate minore rispetto alla nostra. Noi europei abbiamo quindi bisogno di assumere una quantità maggiore di sostanze grasse, per questo le nostre piante sono migliori per noi rispetto a quelle indiane.

Le difficoltà affrontate in passato per diffondere la conoscenza dell’Ayurveda e per portare avanti la vostra particolare modalità di lavoro le riscontrate ancora oggi?

Sì purtroppo, ancora oggi ci scontriamo con diversi preconcetti e idee non scientificamente fondate, ad esempio: l’Ayuveda nel mondo scientifico, in particolare italiano, non viene riconosciuta come medicina tradizionale; l’impiego delle piante per mantenere o recuperare la salute è considerato una moda o un placebo; non sono contemplati finanziamenti per la ricerca sulle Medicine Non Convenzionali e quindi sull’Ayurveda, pertanto si è impossibilitati a dimostrare scientificamente e clinicamente l’efficacia dei prodotti ayurvedici sia in vitro che in vivo. In questi anni ho affrontato e superato numerosissimi e variegati ostacoli – burocratici, legali e non solo – per la commercializzazione non solo dei miei prodotti a marchio Virya® Ayurveda Italiana, ma anche di quelli importati dall’India. Erano e sono tutt’ora presenti ostacoli alla divulgazione del modello di conoscenza ayurvedica delle piante, della vita e della medicina. La ringrazio di questa inter- vista che mi dà l’opportunità di iniziare a colmare questa lacuna.

Che cosa l’ha portata, a livello personale, ad avvicinarsi all’Ayurveda?
Problemi di salute personali. Alla fine dei miei studi universitari – sono laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche e ho conseguito successivamente la specialistica in Biochimica Marina – mi sono ritrovata con la salute a pezzi su più fronti. I medici consultati a quell’epoca mi dicevano che alcuni mali me li sarei dovuti tenere per tutta la vita e che uno lo potevo risolvere con la chirurgia. Essendo un chimico e tecnologo farmaceutico questo fatto non mi quadrava. Sapevo, in base ai miei studi, che c’era la soluzione e la si poteva trovare mantenendo la mente aperta a 360 gradi e guardando oltre il proprio orizzonte.

Iniziai “casualmente” nel 1987 a praticare yoga e meditazione: lo yoga e la meditazione zen mi hanno permesso non solo di conoscere profondamente me stessa, ma di avere uno sguardo nuovo sul mondo e di aprire la mia mente ad altre discipline mediche. L’Ayurveda ha preso il sopravvento su tutte per la sua spettacolare logica lineare e semplicità dei princìpi: proprio per questo inizialmente appariva difficile.
spezie viryaContemporaneamente conobbi il dottor Guido Sartori che aveva già intrapreso lo studio dell’Ayurveda. Mi curò con i preparati ayurvedici che feci arrivare dall’India, perché non presenti sul mercato italiano, e guarii. Dopo questa esperienza – essendo un chimico e i chimici sono curiosi, essendo una donna e le donne per loro natura sono curiose – la mia curiosità di conoscere come l’Ayurveda mi avesse aiutata a guarire raggiunse il massimo grado e cambiai completamente vita.
Per studiarla investii anni e molto denaro per frequentare tutti i corsi ayurvedici presenti in Italia e per i vari soggiorni-studio presso medici in India e in Nepal. I principali medici ayurvedici che mi istruirono in Ayurveda furono N. Prasad, P. Naram, Kulkarni, Vidya Madu Bhajracharya, Vidya Bishownath, Vidya Indra Prasad, ma fu il grande Vaidya Baghwan Dash di Delhi a trasmettermi la “mente ayurvedica” e gli sono molto grata di questo suo dono. Questa mente non la si apprende dai testi, ma è trasmessa da Maestro all’allievo, ovviamente su una base di studio profondo dell’Ayurveda e non solo. Dopo alcuni anni di studio insieme a lui, Vaidya Baghwan Dash si rivolse a me e al dottor Sartori dicendo che avevamo una buona preparazione ayurvedica, al di sopra della media degli studenti ayurvedici indiani e che dovevamo iniziare a fare qualcosa di nuovo. Iniziammo a formulare preparati ayurvedici con le piante italiane in tisane e alcune gliele facemmo assaggiare come la Kapha Samya Virya®. Senza che noi dicessimo nulla, bevendola elencava le sue qualità e a che cosa poteva servire. Era quello che avevamo precedentemente scritto su un foglio, avevamo centrato l’obiettivo, avevamo imparato bene. Vaidya Baghwan Dash era soddisfatto, era riuscito nel suo compito di trasmetterci la mente ayurvedica.
Ancor oggi continuo a studiare l’Ayurveda nella sua stratificazione di conoscenza e, dopo tanti anni, continua ad affascinarmi e a intrigarmi.

L’approccio diagnostico e terapeutico dell’Ayurveda in cosa si differenzia principalmente da quello della medicina occidentale?

La diagnosi viene effettuata dal medico ayurvedico con l’ascoltazione del polso in associazione all’osservazione del paziente.
La terapia consiste:

● nell’effettuare una corretta alimentazione secondo i princìpi ayurvedici;
● nell’uso di piante miscelate in base alle loro qualità (Guna) e sapori (Rasa);
● nell’impiego di minerali trattati alchemicamente;
● nell’impiego di azioni purificatrici, la più profonda è data dalla pratica Panchakarma.

Ma non basta. Secondo l’Ayurveda, per consigliare una valida terapia, bisogna osservare la persona in tutti i suoi aspetti, a partire dal tipo di relazione che essa ha con se stessa, con gli altri (con i familiari, colleghi di lavoro, amici), con il luogo in cui vive, con il tipo di lavoro, con il clima in cui si trova (la terapia è diversa se si è in inverno o in estate), oltre che con la sua costituzione fisica. Tutti questi aspetti sono importanti perché per l’Ayurveda un lutto, un trauma emotivo, un certo tipo di lavoro, possono portare a malattia se la persona non ha gli strumenti e l’energia sufficiente per rielaborare con la mente e con lo Spirito le varie difficoltà della vita. L’Ayurveda, infatti, vede l’essere umano in profonda sintonia e unione con tutti i tipi di energia e di vibrazioni presenti nell’Universo. Questa intima connessione con il Tutto, l’Ayurveda l’ha acquisita dalla filosofia Sankhya che definisce Tanmatra gli enti non percepibili dai sensi. Oggi li definiremmo Quanti, impiegando la terminologia della Fisica. Tutto questo non viene contemplato dalla medicina occidentale scientifica che si accontenta, con le sue specializzazioni, di analizzare un solo organo o apparato per volta, distaccato dal resto del corpo e del mondo.

Parlare di Ayurveda Italiana sembra quasi un ossimoro: ci può raccontare l’aspetto innovativo alla base della scelta di produrre preparati ayurvedici con piante autoctone? L’Ayurveda tradizionale “consente” questo tipo di approccio?

Non c’è alcun ossimoro nel fare Ayurveda Italiana, ma è la naturale conseguenza di quanto Charaka prescrive: utilizzare quanto c’è nel proprio territorio, è la cosa più confacente per la propria costituzione. Inoltre, i princìpi base ayurvedici sono universali. Possono variare le latitudini e i millenni, ma rimangono sempre validi e questo ha permesso a me e al dottor Guido Sartori di applicarli efficacemente nelle formulazioni Virya®, che impiegano piante italiane e del mediterraneo e non indiane.
Le piante italiane sono state riclassificate secondo i Rasa (Sapori) e i Guna (qualità). Se una pianta, per esempio, ha sapore dolce, le sue qualità sono di freddezza e pesantezza. La pianta potrà essere italiana, indiana, africana, australiana ma avendo quel sapore dolce avrà sempre le qualità di freddezza e pesantezza. L’importante è classificarle correttamente. Poiché l’essere umano è costituito da Sapori e Qualità, recepirà e assorbirà meglio le Qualità e i Sapori di una corretta alimentazione o di un preparato ayurvedico.

Cosa può dare “di più” al cliente l’integrazione tra la nostra cultura erboristica e quella tradizionale indiana?
La tradizione indiana, l’Ayurveda, ha conservato nei secoli una solida base filosofica del suo sapere che le permette di espandersi con logica, coerenza, sicurezza ed efficacia anche nelle problematiche moderne e in nuove sfide.
La nostra cultura erboristica manca di questo importantissimo piedistallo di partenza, a cui la stessa scienza moderna non è in grado di sopperire.
Per fare un esempio, possiamo notare come negli ultimi due decenni si parli molto di estrazione del “principio attivo” dalle piante (curcuma, carciofo, tarassaco ecc.) usando la stessa terminologia impiegata nella sintesi chimica dei farmaci.

È un grave errore di pensiero: si vuole applicare alla pianta, che è un essere vivo, organico, dinamico, un concetto valido per una sostanza inorganica, statica, come è il farmaco di sintesi.
Infatti, nella pianta i così detti “principi attivi” sono all’interno dei fitocomplessi, un insieme complesso di molecole che operano in sinergia affinché le qualità di quella pianta esplichino una determinata azione senza effetti collaterali.
Se si estrae il “principio attivo” si snatura l’azione del fitocomplesso stesso e si hanno effetti collaterali indesiderati.

Nel formulare i prodotti Virya® ho impiegato piante italiane e del mediterraneo miscelate fra loro con i princìpi ayurvedici, al fine di potenziare le rispettive intrinseche azioni in modo efficace e senza effetti collaterali.

Salutogenesi, prevenzione primaria, integrazione: secondo lei in che modo questi concetti possono rappresentare il futuro della medicina? L’Ayurveda che parte può avere in questo cambiamento oggi nel nostro Paese?
La medicina occidentale parla esclusivamente di malato e malattia, mentre l’Ayurveda si poggia sulla definizione di che cos’è salute. Da questo punto di partenza, che cos’è salute, l’Ayurveda può descrivere che cos’è una persona sana e agire per mantenerla in salute.
L’Ayurveda ha sempre visto l’essere umano come l’insieme di Corpo-Mente-Spirito e ha dato precise indicazioni su come coltivare questi tre aspetti, che sono presenti in tutte le parti del nostro corpo, in ogni singola cellula, in modo omogeneo: nessun aspetto prevarica gli altri.
L’Ayurveda insegna a mantenersi in salute o riconquistarla con consigli alimentari personalizzati, con l’uso di piante officinali e minerali, con determinati stili di vita, ma insegna soprattutto che noi singole persone siamo le responsabili della nostra salute.

 

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